Falconeria

Falconeria e conservazione

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LXXXVII. De astores

1 Constituimus et ordinamus qui alcuno homini non deppiat boghare astore ne flacone dae niu.
2 Et icussu qui l’at boghare, siat tenudu su curadore dessa curadoria dundi at esser su homini de tenne·llu et bature·llu ad nos ad pena de pagare su curadore libras quimbi.
dalla Carta de Logu
ca. 1392

medioevo e conservazione

Ci sono molte prove storiche del coinvolgimento dei falconieri nella conservazione dei rapaci. Nell’Europa medievale furono istituite molte leggi per proteggere i falchi. Il Falco della Regina (Falco eleonorae) prende il nome da Eleonora d’Arborea, “giudicessa” sarda, che per prima emanò leggi a tutela dei rapaci alla fine del XIV secolo (Ordiniamo che nessuno possa prendere un astore o un falco dal suo nido, chi lo vorrà dovrà consegnarlo al Governatore o pagare 5 lire). Nell’Europa centrale le leggi chiamate falcatio proteggevano i nidi e gli alberi con i nidi dei falchi. Le comunità locali erano obbligate a proteggerli, con un prezzo elevato da pagare in caso di fallimento.

 

Il declino del Pellegrino e il Peregrine Fund

Negli anni ’40 del XX secolo inizia l’uso massivo del DDT, insetticida persistente nell’ambiente, il quale entra nella rete alimentare accumulandosi nei livelli più alti. Negli uccelli, il DDT causa riduzione dello spessore delle uova e pertanto frequenti rotture e fallimento della riproduzione. Negli anni ’50-’60 le popolazioni di Falco pellegrino iniziarono a diminuire drasticamente fino all’orlo dell’estinzione in Nord America. All’inizio degli anni ’70 il DDT fu vietato in tutto il mondo. L’ornitologo della Cornell University (New York, USA) e appassionato falconiere Tom Cade (1928-2019) fonda nel 1970 il Peregrine Fund, organizzazione gestita da falconieri ancora molto attiva a livello globale in progetti di conservazione dei rapaci.

I falconieri del Peregrine Fund hanno svolto un ruolo inestimabile nella reintroduzione e ripopolamento del Falco pellegrino, utilizzando le loro conoscenze sul comportamento dei falchi e le tecniche secolari di cura dei rapaci in cattività. Le “hacking towers” utilizzate da Tom Cade per rilasciare in natura i giovani falchi allevati in cattività erano in realtà utilizzate dai falconieri fin dal Medioevo. I falconieri mettevano i giovani falchi in queste strutture, lasciavano loro del cibo e li lasciavano volare liberamente per acquisire esperienza nel volo e nella caccia prima di essere addestrati. Ma era importante ricatturare gli uccelli prima che iniziassero effettivamente a catturare le prede, perché presto sarebbero andati a caccia da soli e avrebbero lasciato la zona. Adattando questa tecnica, Cade lasciava i falchi disperdersi in modo naturale. Questo metodo si è rivelato un’innovazione incredibile e da allora è stato utilizzato in numerose reintroduzioni, tra cui quella di notevole successo dell’Aquila calva (Haliaeetus leucocephalus) nello Stato di New York, che ha portato la popolazione di aquile da una coppia riproduttiva nel 1976 a più di 300 coppie attuali.

falconeria e conservazione oggi

A partire dalla fondazione, il Peregrine Fund ha allevato oltre 20 specie di rapaci rari e minacciati ed è stato pioniere delle tecniche di propagazione e rilascio di numerose specie. Tra le specie rilasciate sistematicamente in natura per sviluppare tecniche o ripristinare popolazioni selvatiche vi sono il Falco aplomado (Falco femoralis), l’Aquila calva (Haliaeetus leucocephalus), il Falco dei pipistrelli (Falco rufigularis), il Condor della California (Gymnogyps californianus), l’Arpia (Harpia harpyja), l’Aquila pescatrice del Madagascar (Haliaeetus vociferoides), il Gheppio di Mauritius (Falco punctatus), il Falco pettoarancio (Falco deiroleucus) e il Falco di prateria (Falco mexicanus). Complessivamente, l’organizzazione ha monitorato, censito e lavorato con più di 100 specie di rapaci in natura in tutto il mondo.

Il Deutsche Falkenorder (DFO) e la Polish Falcon Society lavorano con l’ultima popolazione di Pellegrino ancora in pericolo in Europa, quella che nidifica sugli alberi. Viene utilizzato il principio dell’imprinting sul luogo di nascita. I pulcini vengono liberati con la tecnica dell’hacking da gabbie sugli alberi. Nel 2012 è stato trovato il primo nido sugli alberi conosciuto in Polonia e i pulcini di Pellegrino nidificanti su alberi sono stati inanellati per la prima volta dopo 48 anni.

L’Associazione Mongola di Falconeria ha avviato con successo il progetto “Hand To Help” per risolvere il problema del Sacro (l’uccello nazionale) che muoiono in gran numero a causa dell’elettrocuzione sulle linee di media tensione. L’International Association for Falconry (IAF) ha sostenuto il progetto e ha organizzato una campagna di crowdfunding per raccogliere donazioni. Alla fine sono stati raccolti i fondi necessari per adeguare la maggior parte delle linee elettriche nella regione di Argalant, obiettivo principale del progetto.

Esperienze di collaborazione tra falconieri e conservazione esistono anche in Italia. Il progetto LIFE “Lanner” (finanziato dall’Unione Europea), che si prefigge di incrementare la piccola popolazione di Lanario (Falco biarmicus feldeggii) nel Lazio, prevede tra le azioni di progetto il rilascio di 30-50 individui nel corso di cinque stagioni riproduttive, alcuni dei quali provenienti da falconieri allevatori.

Progetto finanziato a valere sui fondi – Legge 20 febbraio 2006, n. 77. “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell’UNESCO”